“Tener le briglie all’orientale”. Gli Etruschi e il Medio Oriente
Dal modo in cui gli Etruschi tenevano le briglie dei cavalli durante le corse delle bighe, possiamo dedurre il loro stretto legame con i popoli del Medio Oriente. E non solo
Sugli Etruschi sono stati scritti fiumi di parole, proposte le ipotesi più fantastiche, ma da dettagli apparentemente secondari possono ancora scaturire deduzioni sorprendenti. In questo breve articolo parliamo dei loro carri e dei loro cavalli: un punto di vista normalmente poco considerato ma alquanto importante.
Sappiamo che gli insediamenti Etruschi si sovrapposero a quelli Villanoviani i quali avevano stretti contatti con le genti della Padania e d’Oltralpe, più che con le raffinate civiltà mediterranee. Improvvisamente, nell’Italia centrale, questo stato di cose si invertì: esplose un magnifico rapporto con il Medio Oriente.
Se diamo credito all’origine orientale della cultura dominante degli Etruschi, dobbiamo accettare una verità: oltre a portare un vento di nuova civiltà essi portarono nella nostra penisola il carro da guerra o da parata, che non era conosciuto nel mondo villanoviano, nonché i cavalli adatti al suo traino.
Gli Egiziani e gli Hittiti, come un po’ tutti i popoli del Mediterraneo orientale, fecero largo uso dei carri da guerra specialmente durante il secondo millennio a.C. In Etruria il carro, già utilizzato per il trasporto delle merci, fu impiegato nelle parate e suscitò un fascino irresistibile nelle corse delle bighe.
Negli scavi archeologici sono stati ritrovati due tipi di carro. Il primo – vedi ad esempio il carro di Monteleone di Spoleto (biga da parata o da guerra) – aveva ruote piccole con molti raggi e mozzi sporgenti, l’abitacolo o cassa era corta e protetta da sponde alte e coperte da lamine di bronzo lavorate a rilievo. Il secondo tipo, quello ritrovato a Populonia, aveva al contrario ruote molto grandi e pesanti con quattro raggi ed una cassa leggera protetta da sponde basse, e sui lati da balaustre metalliche: si trattava della biga da corsa.
Sui cavalli purtroppo siamo meno informati, perché i loro resti ossei furono inizialmente ignorati dai ricercatori del passato. In seguito, per nostra fortuna, alcune pariglie sono state recuperate e studiate a fondo. I cavalli risultano piccoli e snelli e non presentano nessuno di quei segni di malnutrizione ed imbastardimento tipici di quelli dell’Età del Bronzo e del Ferro. Al contrario si tratta certamente di purosangue da tiro di una generazione prossima a quelle dell’Asia Minore.
Che questi animali fossero stati inumati con tutte le cure, insieme al carro e al loro padrone (come avveniva presso i popoli celtici), indica chiaramente il loro pregio. Per contro, sono stati trovati nel senese, fra i rifiuti di un insediamento etrusco, i resti di altri equini della stessa razza che compare nei reperti delle Terremare della Padania. Forse da questo scopriamo che gli Etruschi allevavano due razze, una da lavoro e da macello ereditata dai Villanoviani ed una da tiro o da corsa importata dall’Oriente.
Nelle tombe, le raffigurazioni pittoriche relative alle corse col carro, oltre a mostrarci la passione degli Etruschi per questo “sport” ci illustrano una tecnica di guida molto pericolosa.
Mentre ad esempio i Greci tenevano le briglie in mano in modo da potersi liberare nel caso di un incidente, gli Etruschi, secondo lo stile egizio, le tenevano legate dietro la schiena. Questo è rappresentato chiaramente nella parete sinistra della Tomba delle Olimpiadi a Tarquinia, dove due aurighi tengono le briglie impugnate saldamente ma annodate dietro la schiena.
La tecnica, appresa dagli Etruschi in Oriente, consentiva agli aurighi una prestazione superiore, in quanto il peso del corpo fungeva un po’ da terza mano; ma risultava più rischiosa per il guidatore se nella corsa avveniva un rovesciamento del carro.
In conclusione, dal modo in cui gli Etruschi tenevano le briglie dei cavalli potremmo avere una ennesima conferma del loro stretto rapporto con il Medio Oriente.
EP