Giove Dolicheno, Florentia e il Vicino Oriente


tratto da Fiorendipità
marte-dì 3 dicembre 2024


Sulla collina di Dülük Baba Tepesi, a circa dieci chilometri dalla città di Gazientep, nel sudest della Turchia, si trovava la città di Doliche e il santuario di Giove Dolicheno. Giove-padre, colto in questo suo epiteto, ebbe un discreto seguito in Italia, annoverandosi tra le numerose deità pseudo-orientali che affascinarono Roma, come Mitra, Iside ed altre.

L’origine del culto è spiegata nella commistione culturale che venne a crearsi nel corso del I secolo a. C. tra le truppe romane e quelle del regno ellenistico di Commagene, incentrato all’incirca nel territorio delle attuali Georgia e Armenia. I commageni presero parte a varie campagne militari, come a quella che vide la sottomissione del Regno del Ponto, entro il 64 a. C.; già alleati e “clienti” dell’impero, finirono per esserne annessi, una priva volta nel 17 e definitivamente nel 72 d. C. Si tratta di una fase particolarmente complessa della storia ellenistico-romana, ma solo apparentemente remota poiché un gran numero di cittadini dell’impero, di cui moltissimi provenienti dall’Italia, parteciparono a quei conflitti.

Anche Florentia fu abitata da uomini che avevano partecipato a importanti campagne militari. Ce ne parlano epigrafi come quelle di alcuni pretoriani (1) e di “miliziani teodosiani” (2), o le tracce di un florentinus morto a Smirne (3). Tornati in patria in seguito a fusioni cultuali, sacrifici propiziatori ed eventi fortunosi, i milites mantennero un legame con le divinità orientali, trasfigurate entro breve in forme romaneggianti. Forti del loro esotismo, alcuni culti ebbero ulteriore successo, tanto che le loro declinazioni romane finirono per affermarsi anche nei luoghi d’origine, ormai sottomessi all’impero.
I romani fecero un po’ quel che gli pareva con le deità orientali e con le loro tradizioni, ma ebbero il merito di favorire una certa coinè culturale, ispirati dai retaggi del mito di Alessandro e all’anelito degli aneliti: l’unità tradizionale dell’umanità, l’utopia essenziale dell’ellenismo.

Le prime tracce del culto di Giove Dolicheno, già culto di Hada-Baal-Teshub, sono datate all’epoca di Marco Aurelio, con un tempio posto sul colle Celio. Troviamo inoltre varie dediche sotto Settimio Severo e Caracalla. Dolicheno fu assunto dunque come epiteto di Giove, come risulta chiaramente durante il regno di Vespasiano. Allora Iuppiter Optimis Maximum Dolichenus è rappresentato come uomo barbuto in piedi sopra un toro, recante nelle braccia un fulmine e una bipenne. Una figura pregna di retaggi dorici e inquietudini mediorientali.
Non sono molte le località della nostra penisola che anoverano la presenza di Giove Dolicheno. Oltre a Roma, risultano tracce a Concordia Sagittaria (la Iulia Concordia presso Portogruaro), e nella etrusca Bologna. Ma c’è anche Firenze.


Il Dolicheno a Firenze

Approfondendo la topografia dei ritrovamenti epigrafici nel centro di Florentia scopriamo l’esistenza del frammento di un’iscrizione dedicata a Juppiter Dolichenus, emersa in via Vecchietti, alla cantonata con il decumano massimo corrispondente a via Strozzi (4). È quindi probabile che esistesse un piccolo santuario dedicato al Dolicheno proprio nei pressi del foro della città.
Non è la prima volta che – anche in questo blog – ci troviamo a far ipotesi sulla base di ritrovamenti di singoli frammenti epigrafici nel terreno del centro storico. Penso al caso di Mercurio nei pressi di Orsanmichele (vedi articolo). Resto scettico sulle conseguenti deduzioni archeologiche, se non caso in cui questi antichi messaggi ci aiutino a mettere in moto l’anima, a reintegrare fattori sommersi, attinenti al nostro rapporto con la città e i sui luoghi peculiari. Episodi e dinamiche che incuriosiscono, accomunandoli, residenti e turisti, anziani e ragazzini.

A tal proposito voglio sottolineare come i discendenti delle prime generazioni di veterani che avevano fondato Florentia avessero animo fiero, prediligendo alla vanga il servizio militare lontano dalla propria città. Del resto, molti di essi ebbero possedimenti in città e nella pianura proprio in virtù delle loro missioni e di quelle dei loro avi. La stessa indole possiamo rivederla nei nostri mercanti, sempre pronti a intraprendere viaggi strategici, spesso rischiosissimi, e sebbene Florentia non potesse essere, almeno fino ad epoca moderna, una potenza marittima.
Tutto questo, quasi come se l’ispirazione nei confronti dell’ignoto dipendesse da fattori intimi e irresistibili.


Florentia e il Vicino Oriente


Firenze ha avuto un qualche rapporto con l’oriente anche per alcuni tratti della sua storia più antica. Ad esempio con la Siria (il cui concetto era un tempo assai più esteso di oggi) da cui proviene il culto dolicheno. Penso a quel quartiere colmo di “siriani e greci” (quindi a Borgo de’ Greci) dal quale, secondo una leggenda, provenne il giovane Miniato, martire sul Mons Florentinus. O ai rapporti con la Terra Santa, in cui i fiorentini combatterono in prima linea per poi approfittare dei nuovi flussi commerciali.
Persino Dante ebbe occasione di ricordare che la città avesse un continuo “ricambio di gente” proveniente da luoghi diversi e remoti (5). …

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