Un ringraziamento agli autori

 

Il 2018 è ormai una realtà accertata: siamo già consegnati ad esso, penetrati nel pieno delle sue competenze. Così non ha più senso scrivere un’editoriale di fine anno, di quelli in cui si riepilogano le tante cose buone fatte e si rilanciano importanti propositi. Quell’occasione è sfuggita nonostante potesse esserci molto da dire. Perchè? Forse, nell’attività di promozione e comunicazione, sono stato distratto dalle quotidiane adempienze sui social networks, azioni apparentemente effimere eppur necessarie. O forse qualche problema personale mi ha frenato e assorbito. Di fatto, da qualche tempo non sono più quel “chiacchierone” che qualcuno si ricorderà.

Ma credo di essere ancora in tempo a fare alcune considerazioni importanti.
Il 2017 per Press&archeos è stato, come mai prima, l’anno degli autori. L’anno cioè in cui gli autori, più di altri fattori, hanno creato quel valore e quell’entusiasmo che permette di continuare a investire tempo, anima, denaro. In breve: che permette di continuare a crederci.

A portare interesse sui nostri libri non sono stati i soggetti trattati, come è avvenuto in passato quando questioni d’interesse generale (intrighi storici, curiosità e misteri) precedevano i nostri sforzi apportando conferme automatiche, talvolta illudendo che qualcosa di quei plausi fosse per noi; non sono stati i canali di vendita, anche se ci siamo accordati con nuovi distributori e abbiamo affinato molte collaborazioni (ma come affidarsi a un mondo, quello del mercato del libro, che spesso non può permettersi più manco di fare contovendita?); non è stato il marketing e non è stato l’”ufficio stampa” che nonostante gli sforzi e qualche piccolo successo ha mostrato la realtà dei suoi limiti oggettivi, quelli di una casa editrice che si fonda anzitutto sulla caparbietà del singolo o, paradossalmente, sulle duplicità dell’editore stesso. Problemi a cui cercherò di dare risposta ma al momento resta importante affidarsi a una collaborazione con gli autori che, ciascuno nel suo settore, possono guidare e perfezionare i marchio editoriale stesso.

…Dunque è la casa editrice che ha finalmente trovato autori disposti a ascoltarla e “portarla fuori”. Non il contrario. Ma forse in editoria dovrebbe, dovrà essere così più spesso.
Per non far la fine che rischia di fare il piccolo distributore, il piccolo editore potrebbe darsi agli autori più che accaparrarseli; potrebbe scendere dagli altari di quella consuetudine che vede la casa editrice come un ente che “elargisce”, offre occasioni irripetibili, aiuta persone fidate e soprattutto amici – oltretutto secondo un cliché tipicamente italiano.

In realtà oggi un buon autore è nelle condizioni di muoversi in autonomia, anche se senza un editore potrà compiere errori difficili da prevedere. Del resto un editore può creare un ottimo prodotto e indicare strade percorribili, ma anche distruggere un buon manoscritto o affossare un soggetto che aveva qualche possibilità.
Con la modestia di entrambi, con un rapporto veramente alla pari e di reciproco incalzamento, i vecchi concetti, quelli di un’editoria artigianale e direi “rinascimentale”, paiono attrezzi ancora utili, da tornare a ungere con amore. Giocare all’editoria, anche in piccolo e in economia, può divertire, soddisfare, persino rendere qualcosa in denaro. Può creare un buon intervallo tra piccoli piaceri e lievi felicità.

Ecco quindi i contorni eccezionali degli autori del 2017 di Press&archeos, e i bei giochi fatti insieme.
Grazie al loro seguito già esistente, formato in alcuni casi in anni di attività professionale ma anzitutto grazie a un lavoro sui rapporti umani – o al semplice fatto di essere belle persone – questa decina di autori ha generato un valore già dai giorni successivi alla pubblicazione dei propri libri. Pensiamo solo ai primi incontri di presentazione libraria, in cui queste belle persone hanno ricevuto le giuste conferme dai loro numerosi amici e colleghi. Vendendo molte copie abbiamo immediatamente recuperato le spese di stampa e abbiamo potuto investire ristampando, inviando più copie promo, caricando i distributori, dedicando più tempo alla promozione di quel libro. Ed è su una tale base che l’editore, piccolo o micro che sia, può tentare passi un po’ più grandi muovendosi con relativa serenità.
Ma queste persone sono andate oltre, hanno inteso implicitamente il senso dello scambio, senza lamentarsi per la piccolità della casa editrice ma producendo nuovi contatti e muovendosi in prima linea, come agenti di sé stessi se non come promotori dello stesso marchio editoriale. L’onto-editore ringrazia, e ricuce, chiudendola nel cassetto, qualche ombra o duplicità di troppo…che aveva rischiato di prendere vita autonoma.

Così, un anno fa, è comparso il libro di una libroterapeuta competente, coinvolgente e inarrestabile che con il suo incredibile curatore ha condotto Press&archeos su nuove tematiche. Sino ad approdare, nella stessa collana, ad un libro dedicato a un grande poeta del Novecento, curato da un autore di notevole spessore di cui ancora mi chiedo «perché è con Press&archeos?» (il quesito è a carico dell’editoria italiana, mentre noi “favoriamo” con gioia).
…Nel frattempo nuovi narratori giungevano alla stampa dei loro romanzi: un giovane archeologo che ha raccontato con rara eleganza l’esperienza psicologica dello scavo e una professoressa che, seguendo il «passo» delle «cose» ci ha regalato un libro breve ma penetrante, capace di agitarsi nella mente del lettore anche nei giorni seguenti all’ultima pagina (e forse non a caso diciamo di procedere «oltre la fine del libro»). Ma non dimentichiamo quell’autrice che con rara modestia e intensità, scrivendo storie di donne e bambini dal giardino della sua casa di campagna, ha avuto un centinaio di persone per la sua presentazione.
…C’è l’avvocato, carismatico e empatico, che con la stessa capacità con cui dibatte in tribunale ha riesumato la vicenda storica di frati sfortunati, su cui un granduca aveva orientato le sue oscure trame. E c’è il ricercatore-storico puro, l’uomo d’archivio un po’ burbero e dal cuore grande, che ha schedato migliaia di antichi edifici e ci ha offerto un lavoro ai confini della possibilità umana…in cui sta tanto della sua stessa esistenza. Grazie.
Sulla stessa linea, ma con il bollore della gioventù nel sangue, ecco un altro storico che dal profondo del Chianti inventa libri, progetti e documentari, ci coinvolge e offre possibilità. E sempre nel nostro amato Chianti c’è quell’uomo indomabile, alfiere della toponomastica, che è tornato dalla sua “disavventura” sanitaria e che è pronto per nuovi sentieri, progetti, ricerche, cammini, incontri. Il suo libro, che è anche mio, si è mostrato in una nuova edizione e continua a suscitare interesse.

…Ma nello scorso 2017 sono comparsi anche autori che fanno libri con Press&archeos dall’inizio. Come un altro ricercatore che, saltando da storiografia a romanzo con eleganza, ha disegnato lo strano personaggio di una giovane criminale spiazzando i lettori con un libro che sta andando avanti da sé, grazie anche a una copertina semplice e azzeccata. E c’è stato infine mio padre, scrittore per diletto e ispirazione, che ha pubblicato molto e che ha insegnato a prender forza dalla Terra attraverso la metafora degli Etruschi… I suoi libri vendono a Firenze al di là di ogni previsione, nelle librerie, nelle Coop, nei bookshop. Il prossimo titolo avrà una copertina eccezionale e sono sicuro che sorprenderà ancora di più.

…Ci sono molti altri su cui continuiamo a contare e qualche nuova incredibile conoscenza…ma per non esagerare mi fermerò qui, al 2017 circa.

A tutti vanno i miei ringraziamenti, sentiti ma un po’ velati, senza far nomi e cognomi, in barba ai motori di ricerca, forse per mantenere quel filo di intimità e sincerità che lega le persone che condividono certi progetti.
Il vostro apporto è stato importante, specie in un anno come questo che per me – e quindi anche per Press&archeos – è stato tutt’altro che semplice ed in cui, come autore, non sono riuscito a far di meglio che scrivere un libro sul vino e sull’ebbrezza: questo forse la dice lunga.
…Un libro che potrà creare perplessità ma che dà un’idea, solo a sfogliarlo, di cosa significhi nella pratica, per me, essere «custoditi dal rischio».
E almeno dal rischio insito nel continuare a fare editoria indipendente vorrei continuare a esser custodito…anche se potrebbe finire in un attimo, improvvisamente, domani o tra dieci anni, attraverso una patetica quanto necessaria realizzazione.

Confermo. Non so per quanto ancora sarà possibile continuare ma al momento sono qui e prometto tutto l’impegno che nel mio piccolo posso, possiamo metterci.
Il 2018 ha un suo calendario di pubblicazioni anche se non abbiamo grandi “colpi” per il mercato: le cose che vendono sono altrove e io ho smesso di chiedermi perché, preferisco dedicarmi a quello che c’è. Presumibilmente continuerò a investire. Punterò ancora su libri e progetti. Disporrò esche per acchiappare nuovi soggetti. Proseguirò con le adempienze digitali nonostante nell’indole fossi senz’altro destinato ad altro. Ma è un problema di molti. Al contempo è un problema da non rimuovere, meglio ripeterselo ogni tanto: eravamo qui per altro, sì.

Ed eccoci dunque a qualche stralcio d’opinione sul futuro…in calce.
Nel delirio di questo labirintico pre-post-prologo alla fine del Libro, per i prossimi anni la tendenza sarà sempre più d’investire su tutt’altro.
Non sappiamo bene ancora cosa, ma sentiamo che è necessario assimilare il nuovo, fosse solo perché non se ne può più di averlo tra i coglioni, in tasca o sul comodino. Fosse solo perché può cascarti nella tazza del water – come mi è successo settimane fa – mentre stai leggendo un buon libro e rovinarti la giornata, svuotarti il portafogli, nonché sciuparti il ricordo di quel buon libro.

I nuovi concetti e i relativi formati si adegueranno ai nostri brainframes già strizzati, ridimensionati e disapèrti. Nuove regressioni ci porteranno a qualche impaludamento spirituale mentre continueremo, un po’ bolliti, a fingere di vivere le nostre solite vecchie esistenze.
Infine – anche se di «fine» non si potrà più parlare – tutto potrebbe adeguarsi a una traslazione della propria stessa vita, dove pubblicazione e trascendenza coincideranno perversamente… Un’idea un po’ eccentrica per dire qualcosa che forse sta cominciando a succedere anche adesso. A me, a te, a tanti.

La domanda è: vorremo continuare a pubblicarci così? Basterà appellarsi al semplice istinto alla vita, quando la vita ritrovava il suo istinto in tutt’altro? Ok, sono negativo e paranoico – mi appello ancora al mio pessimo periodo personale – e peggio mi ci diverto… Ma in tutta sincerità, non vorrei investire i miei soldi per progetti che contraddicono il senso stesso del concetto di progetto.
Né credo vorrò metterli da parte per saltare altrove, un giorno, grazie a qualche inimmaginabile medium post-umanistico. D’altronde, non credo nemmeno che li risparmierò per poter congelare un giorno il mio corpo o peggio solo la mia testa, come andrà di moda tra qualche tempo…in attesa che le scienze possano riattaccarla a un corpo artificiale. Sì, sembra che basterà qualche decina di migliaia d’euro per assicurarsi questa possibilità.

Con quei soldi invece spero di farci libri e documentari, comprare vino e vinili, continuare a giocare e ricercare con persone speciali.
Quindi, a parte il delirio: al momento potete contare su di me.

…Il mio cranio, semmai, gettatelo in pasto a un drago e lasciate scritto ai miei nipoti dove andare a cacciarlo. Che possano riscoprire il rischio in un incontro reale e immaginario al contempo.
E che possano scrivere un ultimo libro su quell’esperienza.

LP