San Miniato, martire di Firenze: fu realmente una decapitazione?
Nei freddi pomeriggi invernali di un anno intorno al Mille un frate benedettino del monastero di S.Miniato, sulla scorta dei ricordi popolari e di poche notizie storiche, elaborò la fantasiosa vita del martire che ci è stata poi tramandata.
L’autore della leggenda per dare al santo connotati più credibili per l’esigenza del tempo, fece di Miniato un re Armeno, perché il buon esempio venisse dall’alto e perché la buona novella venisse dall’oriente.
Il monaco narra le varie fasi del martirio, iniziatosi nell’anfiteatro di Firenze, dove Miniato sarebbe stato condotto, tra l’agitarsi della folla avida del cruento spettacolo. Un leopardo fu fatto entrare nell’arena, Miniato lo fissò e la fiera cadde come fulminata dallo sguardo. Allora il cristiano venne portato via, unto di olio e gettato dentro una fornace, ma le fiamme si aprirono davanti a lui. Ricondotto nell’anfiteatro gli venne aizzato un leone che Miniato rese mansueto col segno della croce; gli venne poi colato piombo fuso negli occhi e nella bocca, ma il metallo ardente divenne come una rugiada rinfrescando il santo che uscì illeso anche da quel supplizio.
Infine la spada del carnefice, simbolo della potenza civile romana che aveva la facoltà di separare il corpo dei cristiani dalla società terrena, riuscì a troncare la testa del martire, ma non però a separare il suo spirito dalla nuova universale società dei credenti e dei redenti, tanto che Miniato per miracolo si rialzò da terra, raccolta la propria testa s’avvio con passo sicuro verso l’Arno, lo traversò a guado, risalì la ripida boscosa collina e giunto a un piccolo cimitero vi si distese e morì santamente.
Questa la storia secondo l’anonimo frate benedettino, ma chi era nella realtà S.Miniato, quale fu la sua parte in campo religioso e chi gettò il primo seme cristiano a Firenze?
Anche qui si è favoleggiato molto: è stato scritto che il primo a portare il verbo di Cristo sia stato S. Barnaba, il quale passando dalla via Cassia, per andare da Roma a Milano, si sarebbe fermato a Firenze evangelizzando poche famiglie. Altri fanno primo insegnante S.Marziale, altri S.Frontino ed anche S.Paolino, tutti di passaggio lungo la via Cassia. Probabilmente i primi evangelizzatori di Firenze furono assai più modesti ma non per questo meno importanti: forse mercanti greci o siriaci che, alloggiando nel cosiddetto Borgo de’ Greci fuori le mura della città romana, raccontavano al popolo le favolose notizie sul Messia.
Il Cristianesimo, probabilmente, lambì le mura di Firenze e non penetrò subito nel “campo romano”: Firenze già allora era molto riluttante alle nuove idee politiche e religiose e voleva soppesare con mano, essere ben convinta prima di abbracciare buovi simboli.
Infatti è soltanto intorno al 250, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, che cadde a Firenze il primo e unico “martire che si conosca: così racconta Ricordano Malispini (cap. XXVII, Storia Fiorentina) E DOPO ANNI 252 DOPO LA NATIVITA’ DI CRISTO ESSENDO DECIO IMPERATORE, IN FIORENZA FUE MORTO IL BEATO MESSER MINIATO: E RESSESI FIORENZA SOTTO LO IMPERIO DEI ROMANI, E TENEANO LA LEGGE PAGANA”.
E’ solo all’inizio del IV secolo che abbiamo notizia di una “domus ecclesiae” col relativo presule, perché sappiamo dalla testimonianza di Optato da Mileto che l’anno 313 il vescovo Felice di Firenze partecipò al sinodo contro i Donatisti, tenuto a Roma per iniziativa del Papa Milziade.
Primo, unico e tardo martire di Firenze resta Miniato, nella realtà di origine greca, perché figlio di greci residenti fuori porta e quindi di umile origine.
Cerchiamo di interpretare meglio e chiarire quella che fu la sua morte, quello che fu il suo atto finale che lo distingue come santo della chiesa.
C’è un luogo a Firenze chiamato anticamente Prato della Giustizia perché destinato ad effettuarvi le esecuzioni capitali (adesso l’attuale Piazza Beccaria). Poiché anche da tempo remoto il luogo era chiamo della “croce al gorgo” per una croce alzata dove l’Arno faceva un gomito (infatti la porta si chiama Porta alla Croce), può darsi che Miniato fosse stato martirizzato in quel luogo e non nell’anfiteatro.
Il corpo di Miniato fu sepolto dai suoi compagni che erano sfuggiti alla persecuzione di Decio sul Mons Florentinus. Quando poi il Cristianesimo fu ufficialmente riconosciuto, venne eretta sulla sua tomba una cappella e sin dal principio del XI secolo, sorge lassù in onore del martire, la basilica marmorea splendido monumento che domina la valle di Firenze.
Il culto del santo si estese ben presto in tutta la Toscana. Nella diocesi di Firenze si conoscono quasi venti chiese dedicate al martire; altre furono dedicate a Pistoia, Arezzo, Pisa, Chiusi, Lucca ed anche in Emilia a Piacenza. Una si trova tuttora nella diocesi di Fiesole nella località di Pagnolle nel comune di Pontassieve. Infine, la città di San Miniato trae il nome da una chiesa dedicata a quel martire.
Nel tentativo di chiarire la morte del santo, quello che interessa a noi in questa sede è un quadro, una tavola cuspidata ed attribuita a Jacopo del Casentino che si trova nella basilica di S.Miniato.
Salendo nel catino, guardando a sinistra prima di entrare in sacrestia su un altare si trova questa tavola dipinta a tempera con otto storie del santo. Nel riquadro in basso guardando a destra, Miniato è raffigurato con la corona del martirio in testa e una sottile linea rossa attraverso la fronte e non sul collo.
Forse, secondo l’interpretazione del pittore, il colpo inferto dal carnefice non fu decisivo e finale ma, sopportato il martirio, il santo potè rialzarsi e ferito soltanto alla fronte, potè salire sul colle dove morì.
C’è una leggenda che correva ancora qualche decade addietro fra i frati benedettini di San Miniato che favoleggiava di come la bella lampada in ferro battuto sul piazzale della chiesa fosse tenuta accesa tutte le notti per permettere al martire, quasi in un ripetersi secolare del miracolo, di ritrovare la strada per tornare al monastero.
Enio Pecchioni
Fonte: Mediaframe