Rodolfo Marconcini, pittore del ‘900 toscano

RODOLFO   MARCONCINI

Pittore del ‘900 toscano

(1993 – nella ricorrenza del ventennale della morte – 2013)

Inizia a Firenze nel 1924, all’età di 18 anni, l’attività pittorica del Marconcini come autodidatta; è poi allievo del Prof. Alberto Zardo e di Pietro Scini e frequenta all’Accademia di Firenze la Scuola Libera del Nudo.

Nel periodo iniziale, tra le due guerre mondiali, i suoi quadri sono definiti ben manierati, scuri nei colori, dalle prospettive lontane fin dove può arrivare l’occhio. Molto “sentiti” gli arancioni autunnali e i verdi dominanti alla Boecklin.
Il mondo di Marconcini è il mondo sano, idilliaco, onesto, di una Toscana ormai perduta, la sua arte fu confrontata con la letteratura e il teatro dialettale, se questi mancano di grandioso sono però squisiti nella spontaneità e nella freschezza

La pittura di Rodolfo Marconcini si riallaccia con coscienza d’artista a quella tradizione di elegante sentire romantico che è tutta toscana.
In quel mondo poetico disertato da seduzioni di altro genere, le varie tonalità della tavolozza, i verdi, i rossi, i gialli, sono la grande voce, il “leit-motiv” dell’opera,    dosati sapientemente sulla tela   assolvono il compito di incidere al costruttivo e dare sfogo all’animo prepotentemente cromatico dell’artista.
Le visioni di alberi folti lungo fiumi sereni, paesaggi campestri distesi e chiari  ottenuti con semplice evidenza, la spontaneità di vena dalla pennellata vasta e sicura, il senso vivo del colore, creano una suggestione di sorprendente intensità.

Poi la sua pittura diventa evocativa: la luce si avvale di toni forti, colori accesi che si confondono con quelli bruciati delle “stoppie”, raggiungendo una drammaticità intensa, un’acuta sensibilizzazione nostalgica.
In una bella e copiosa serie di luminose visioni, nelle quali è profusa una innata forza cromatica, con segno agile e svelto, sfilano dinanzi agli occhi dell’osservatore, i cipressi solitari e le pinete chiantigiane o maremmane, pulsanti nel vario garrire dei toni intensi e luminosi.
Pini e cipressi che si stagliano su un orizzonte sconfinato dove cielo e terra fanno tutt’uno, evocando una atmosfera di pace, una poesia quasi sussurrata a fior di labbra, come talvolta la brezza leggera che scuote le cime di questi alberi.

Dunque, non una pittura chiassosa, tutt’altro, predilige i casolari e i boschi silenziosi e vuole essere una comunicazione intima di sentimenti e di affetti; una pittura che tende a realizzare una perenne armonia tra il bello dell’arte e il bene dello spirito.
Il diradare in prospettive lontane dei colli vitiferi del Chianti, i campi segnati dall’aratro, i prati ingialliti dal primo freddo e dall’ultimo sole nel tramonto della sera dove svettano pini e cipressi.

In seguito le stesure si frantumano in brevi macchie giustapposte, intese a captare e ad irretire la luce, la tavolozza si gradua con una tenerezza che ha dell’elegiaco e del malinconico.
I fiori, “immagini di galassie”, nell’ambito di una persistente poeticità, raggiungono pregevoli livelli artistici attraverso un’impostazione sicura del segno ed una stesura efficace del colore, che si sviluppa sempre come un’esplosione di note quasi ad evidenziare la grande forza interiore, anche quando la parabola dell’esistenza si chiude con visioni di “corolle”, “girandole di colori”, fermando il tempo su immagini che non sembrano più appartenere alla vita.

RODOLFO MARCONCINIEP

 

Paolo Sfogli – Presentazione della Monografia del cinquantenario di pittura alla Galleria Spinetti di Firenze nel 1975.

Celebrare qui a Firenze – dove Marconcini ha operato, gioito, amato, sofferto – il 50° di attività con una monografia che ne raccoglie le opere più significative, rappresenta una scelta più che giustificata.

La scelta non poteva essere che per Firenze culla del Rinascimento, Atene moderna; cinquant’anni di pittura hanno il loro peso e sono spesso legati, come testimonianza diretta o come ricordo a movimenti e mutamenti che l’arco di tempo inesorabilmente produce.

Lo spirito del Rinascimento i fiorentini lo respirano quotidianamente e lo esternano come fatto concreto, soprattutto nei momenti di maggiore drammaticità. Quando rinascere significa ricostruire, quando rinascere significa una libertà conquistata a duro prezzo e sulla quale edificare le basi durature di libera partecipazione alla vita culturale, senza limiti di sorta – la pertecipazione dei fiorentini diviene totale – raggiunge la massima espressione in tutti i campi e gli artisti esternano con la loro sensibilità i sentimenti di tutti.

Marconcini è nato nel Gennaio del 1906 vivendo mutamenti e tensioni di tre quarti del nostro secolo, ma ricorda con particolare interesse due avvenimenti che rimangono indelebili nel suo animo di uomo sensibile. Ricorda il martirio di Firenze nella seconda guerra mondiale, allorquando con le lacrime agli occhi disegnava la “sua” casa-torre in via Arte della Lana e con questa le rovine della città.

Ricorda la furia devastatrice dell’Arno nell’alluvione del 1966 e la disperazione che nasceva dal fango che tutto aveva violentato, uomini e cose e con questi storia ed arte.

In quei momenti Marconcini disegnava, dipingeva, soffriva, partecipava fermamente convinto che Firenze sarebbe stata ricostruita, che insomma i fiorentini, avrebbero ancora esternatoil loro spiritodi rinascita che trova, come dicevamo, solidi agganci nella storia della città.

Egli, fin dall’età di diciotto anni, dipingeva come ragione fondamentale di vita, e pare un assurdo che in questo secolo di scovolgimenti che ha già visto due guerre mondiali, un pittore della fatta di Rodolfo Marconcini si sia messo volutamente ai margini della storia dipingendo paesaggi, pur soffrendo nel recepire tutti i mali del nostro secolo, nel vedere la sua città due volte distrutta, le libertà tolte e riconquistate, l’avanzare della tecnologia moderna ela distruzione ecologica, fino al vibrione colerico e chissà che altro ancora, lui ha dipinto e dipinge “en plein-air”.

E’ un assurdo logico, se per misura logica si assume l’animo poetico di questo artista che incantato dalla natura, dalla belleza del paesaggio Toscano, ha solo e sempre ricercato gli aspetti più significativi nel colore, collocandosi in un realismo che si aggancia alla pittura “macchiaiola” della più vera e genuina “scuola toscana” riuscendo ad esternare completamente la propria concezione.

Nel 1933 il “Nuovo Giornale” e “Il Telegrafo” già si interessavano alla sua arte, nel Dicembre del 1936 insieme a Capocchini, Pagliazzi, Polloni, Toschi e Sorbi esponeva con notevole successo le proprie opere; lo stesso successo alle esposizioni del Giugno 1941 con Borgianni, Gordigiani, Chini e Salti che si inaugurò al Dopolavoro Commercianti di Firenze. Centinaia di scritti in autorevoli giornali, una nutrita attività artistica, che muove parallelamente nell’epoca, con quella di Capocchini, Pagliazzi, Polloni, Gordigiani, centinaia di opere in collezioni pubbliche e private in tutto il mondo, testimoniano ampiamente l’attività di Rodolfo Marconcini che è stata sempre costante, muovendosi con coerenza nello sviluppo di quel realismo post-macchiaiolo, senza mai cadere nelle facili mode del momento, senza cedere alla tentazione, troppo frequente ai tempi nostri e non, di etichettare magari filosoficamente e contrabbandare per arte, ciò che arte non è, e non è stata.

Tutta l’attività artistica di Marconcini è tesa ancor oggi nell’esternare con il colore l’universalità di un messaggio poetico, inteso con l’animo, senza forzature, né contorsioni, quasi sussurrato a fior di labbra, velato da una sottile vena melanconica.

Ancor oggi, dopo cinquant’anni di attività, ciò che maggiormente l’affascinaè il paesaggio toscano. Quando può, scappa dalla città, dalla foresta di cemento, per recarsi nella sua casa di San Donato in Poggio, nel Chianti, dove un paesaggio ricco di pini, cipressi, olivi e viti gli consente quell’intimo rapporto con la natura che è stato ed è la sua ragione di vita.

Queste note introduttive, al di là i ogni retorica, vogliono essere solo un omaggio ad un artista che ha dedicato la vita all’arte, operando con modestia e semplicità, esternando amore e poesia ed oggi con i tempi che corrono, riscontrarlo non è davvero poco.

Mi piace concludere che probabilmente è lo stesso spirito del Rinascimento, di cui all’inizio accennavo, cha ha spinto gli amici di Marconcini ad ideare questa monografia, in questo caso “Rinascimento” non inteso come “rinascita” ma bensì come “riscoperta” che forse assumelo stesso significato nel ritrovare pienamente un pittore il quale, per eccesso di modestia, ha vissuto nel limbo e che sinceramente, ci sembra ingiusto, anche e soprattutto per il patrimonio spirituale ed umano di cui fino a questo momento molti di noi ne sono stati privati.

 ANEMONI

Da Artisti Italiani Contemporanei “ LA GINESTRA”, 1963

La pittura di Rodolfo Marconcini, già nota da molti anni nell’ambiente toscano, si è svolta tutta secondo un percorso sicuro e prevedibile, senza scosse o pentimenti, ferma a una sua coerenza, ad una visione toscana di sapore che trova la sua ascendenza diretta nei migliori macchiaioli e non ignora i valori tradizionali, anche se si tiene,con sincera e modesta coscienza del proprio ambito culturale, al di fuori dei problemi più vivi dell’arte odierna, che investono i rapporti dell’artista con la realtà del nostro tempo esigendone una partecipazione che sia insieme sociale e umana. Il mondo di Marconcini è ancora il mondo sano, idillico, onesto, di una Toscana ormai perduta, l’amore per una natura che è riposo e rifiuto di urgenze metafisiche e di altri orizzonti che non siano quelli di questa odorosa, schietta, dura e dolce terra toscana.

Si legge, in una nota ad una mostra di Marconcini del 1933: “Il Marconcini predilige di rendere gruppi vari d’alberi, angoli di terra toscana. Se fosse permesso un paragone, la sua arte si potrebbe confrontare con la letteratura e il teatro dialettali. Se questi mancano di grandioso, sono però squisiti nella spontaneità e freschezza, e talvolta in tale forma d’arte, s’incontrano profondità di sentimento, come nelle opere di questo giovanissimo pittore fiorentino”

Ci sembra che queste siano ancora le caratteristiche peculiari della pittura del Marconcini, che non si esime, per parte sua, da problemi, invece, di carattere pittorico: il senso del colore, la ricerca di valori tonali, la resa sincera e mai illustrativa della realtà sentita con vibrazione e immediatezza.

 ARNO IN VALDARNO

BILANCE BOCCA D'ARNO

AUTUNNO

 

PINI A CONGRESSO

NUVOLE CHIARE

VECCHIA VIA INCONTRI

 

Quotazioni indicative delle tele e delle tavole:

20 x 30 ……………..Euro   300.oo

30 x 40 …………..…Euro   500.oo

50 x 70 e oltre………Euro   700.oo

disegni  da               Euro     50.oo