Maternità e stregoneria
Nascere donna implica spesso un destino di servaggio e minorità sociale, dove la maternità sarà l’unico gesto libero e creativo di un’esistenza intera: anzi, magico. Due storie, due donne, due epoche, e un selvatico e pre-civile Casentino come scenario.
Il romanzo storico, principe in esilio della letteratura italiana, trova nuovo respiro in Diade di Lucia Bruni. L’esordiente scrittrice toscana fonda un mito della frontiera appenninico con due protagoniste donne e la formula narrativa del doppio.
Sono Carla e Carelle, eponime dei due racconti contenuti nel libro, a sostenere ognuna il peso di un breve romanzo; vivono entrambe in Casentino, valle di dantesca cupezza nel nord-est della Toscana, la prima nei nostri ‘2000, la seconda nell’VIII secolo durante la dominazione longobarda.
Se è vero che non c’è niente di più letterario di una fanciulla minacciata di violenza, se la si pensa come Manzoni sull’opportunità di preferire il passato per raccontare il presente, se si concorda sul fatto che mancano scrittori italiani capaci di far sembrare universale il locale… allora apprezzerete Diade.
Carelle, tredicenne longobarda, si avventura oltre il confine della tribù, non chiede che di essere integrata tra i “romani”, agogna l’acculturazione. Si troverà invece immersa in un brodo ormai spurio, dove della grandezza dell’impero rimangono giusto la predilezione per i cereali, pochi rudimenti di ingegneria, qualche rotolo di “scritte”.
La piccola finisce con l’incuriosirsi per quella violenza sessuale che, a ben pensarci, per secoli ha rappresentato l’unico avvenimento possibile nell’esistenza di una femmina di qualsiasi estrazione; una fantasia complicata dal delirio religioso, per cui Carelle crede che le toccherà concepire un nuovo messia…
Tra caravanserragli romanci, predicatori siriani, villaggi fortificati a popolazione mista, montagne scassate dalla deforestazione selvaggia dei germani, il viaggio di Carelle si ambienta in un paesaggio appenninico che costituisce la parte storicamente più verosimile del racconto: così diverso dall’ottocentesco e così fatalmente simile invece al nostro prossimo futuro, per via del caldo, degli eventi precipitativi estremi, del dissesto idrogeologico da debbio e decadenza.
Una lupa e una falsa strega romancia istraderanno Carelle al proprio destino; a Carla, nostra mesta contemporanea, spettano un cagnetto e una vera strega.
La storia di questo complesso e per molti versi respingente personaggio, fa perno sul progetto di lei, di stabilizzare la propria situazione socioeconomica procurandosi magicamente un parto gemellare.
Tragedia di squallore e provincialismo, si affacciano nella vicenda di Carla temi di realismo, soprattutto in relazione alla condizione femminile; ma le corde più vibranti del racconto affondano in un substrato arcaico, in quel Casentino tutto faggete, gole e faraglioni, che fu per i pelasgi porta del cielo e scannatoio di sacrificati, e che questo romanzo vuole a suo modo celebrare, trasmutandone i connotati strapaesani in un universalmente riconoscibile avamposto della frontiera occidentale.
(foto tradda da trailsacredforests.com)