Il Battistero di San Giovanni
di Enio Pecchioni
La crisi economica e demografica che afflisse l’Italia dalla metà del IV al VI secolo d.C., non aveva impedito, grazie a Teodorico, la costruzione dentro la piccola cerchia muraria fiorentina della chiesa cattedrale di S.Reparata e di un Battistero ariano poco discosto dal futuro “Bel San Giovanni”(1).
Sarà invece con la conversione al cattolicesimo dei nuovi dominatori Longobardi, grazie all’alto esempio dei loro regnanti Agilulfo (morto nel 616) e Teodolinda (morta nel 628), la ripresa economica e demografica di buona parte dell’Italia. Gli architetti longobardi che avevano studiato direttamente i modelli classici e assimilato dai nativi la tecnica costruttiva, furono gli artefici del Battistero fiorentino.
Prendendo a modelli la chiesa di San Vitale a Ravenna e il duomo di Monza, edificarono ex novo il Battistero di Firenze intorno al 620-640, epoca di poco posteriore alla lettera (615) diretta al Re Aginulfo dal Pontefice S.Gregorio Magno, il quale si rallegrava col monarca per la sua conversione e per la pace restituita alla Chiesa e all’Italia.
Così, con la pianta ottagona, sormontata da una cupola a spicchi che ci richiama all’arte paleocristiana e, come detto, bizantina-ravennate, il “Bel San Giovanni” risale non al X-XI secolo, come si legge ancora in molte guide turistiche, ma al VII secolo d. C.
Seguendo la giusta interpretazione fornita dagli scavi archeologici effettuati nella zona, esso non fu edificato sopra il tempio di Marte , che si trovava invece sulla collina di San Lorenzo (dove invece c’è la chiesa), ma sopra i resti di una ricca casa romana che esisteva nella seconda metà del I secolo d.C., trasformata in seguito nel IV-V secolo in un panificio, come confermarono gli scavi del 1915 con i ritrovamenti dei mosaici della casa e di un frammento di orcio da cereali e di una grande macina in pietra (catillus) relativa al forno. Da un’attenta osservazione dell’edificio si scopre che, sempre in epoca longobarda, il Battistero in seguito a cedimenti strutturali dovette subire un radicale rafforzamento dello spessore murario, come dimostra la troppa differenza delle mura tra la parte inferiore e quella superiore, rapportata alle “modeste” proporzioni dell’edificio, di cui abbiamo un esempio nel Battistero di Lomello (Pavia) che fu un rifacimento longobardo di una precedente costruzione.
Lasciamo ora i Longobardi e torniamo indietro nel tempo per parlare della STATUA DI MARTE E DELLA SUA COLONNA, prima, delle curiosità del Battistero che esaminiamo.
Teodorico (454-526), Re degli Ostrogoti, quando prese il potere a Ravenna, dimostrò un’acutezza straordinaria nella salvaguardia delle città italiane, preoccupandosi anche di Firenze. Infatti, per evitare le frequenti alluvioni fece regimare le acque ordinando di liberare l’Arno (2) dalle barriere che intralciavano lo scorrere regolare del fiume con le cosiddette pescaie, formate da ingombranti dighe di legno.
Il nome di Teodorico si mantenne vivo per secoli a Firenze, sebbene l’ira sacerdotale cristiana perseguitasse la memoria del re ariano (3) nei documenti fiorentini, ancora nei secoli XI-XII, non c’è nome germanico che ricorra così frequente quanto quello di Teodorico.
Sembra che una statua equestre a ricordo del re barbaro che aveva salvato Firenze dalle inondazioni si trovasse nel Foro; è molto probabile che dopo la vittoria bizantina sui goti (552) tale monumento “nemico” sia stato “strascicato” fuori dalle mura cittadine e abbandonato sul greto del fiume: La statua venne ritrovata ai tempi di Carlo Magno (VIII-IX sec.) e in quella occasione fu ritenuta la statua di Marte Dio della Guerra che, secondo la tradizione fiorentina, doveva trovarsi un tempo dentro il Battistero supposto tempio della divinità romana (4).
La statua fu ripulita e posta su una colonna all’altezza del Ponte Vecchio ma la piena dell’Arno del 1177 la danneggiò. Di nuovo restaurata la statua fu ricollocata nello stesso luogo.
Il popolo fiorentino era convinto che quella statua fosse Marte e si suppone che la posizione a rischio, presso il fiume, fosse scelta dal clero cristiano con la speranza che un giorno o l’altro l’Arno se la portasse via durante una delle sue frequenti alluvioni: ciò avvenne davvero nel gran diluvio del 1333.
E’ comunque curioso scoprire che, secondo una leggenda, la colonna scannellata di marmo bianco che si trova all’interno del Battistero all’altezza della Porta del Paradiso, sia quella utilizzata ai tempi di Carlo Magno per sostenere la statua di Marte ovvero Teodorico.
Entrati nel Battistero l’impiantito modellato con tasselli in marmo bianco, nero, rosso e verde che formano motivi di ispirazione araba, risale nel suo insieme alla fine del XII secolo ma una parte della sua superficie è più antica, risale infatti alla fine del X secolo.
Si tratta della TAVOLA ZODIACALE a tarsia, incastrata nel pavimento che va dalla Porta del Paradiso al centro del Battistero dove una volta si trovava il Fonte Battesimale.
Giovanni Villani (1290 ca.-1348) ci ricorda nella sua “Cronica” questo raro “monumento” del sistema cosmico tolemaico: “et troviamo per antiche ricordanze che la figura del sole intagliata nello smalto che dice – en giro torte sol ciclos et rotor igne – (e può leggersi anche in senso inverso) io sole col fuoco faccio girare tortamente i cerchi e giro anch’io, fu fatto per astronomia”.
L’autore della tavola fi Strozzo Strozzi, architetto, scultore e astronomo fiorentino (950 ca.-1012). In occasione del restauro dell’impiantito del Battistero nel 1351 fu trovata la sua tomba, vicino alla sua opera.
La Tavola Zodiacale che ebbe funzioni astronomiche si deve considerare uno dei più importanti lavori di tale scienza nell’antica Firenze. Ogni anno, il 21 Giugno, gli astronomi e matematici fiorentini aspettavano dentro al Battistero il momento in cui il sole, da un foro ben calibrato del tetto (che esisteva prima del rivestimento marmoreo), colpisce come un dardo il centro della tavola, dando così inizio all’estate.
Tuttociò ci fa pensare che esistesse una prima scuola di astronomia nella nostra Firenze già nell’Alto Medioevo.
Forse nelle notti terse e fredde del primo millennio, seguendo l’insegnamento arabo, Strozzo Strozzi con gli altri scienziati fiorentini avrà scrutato da una torre vicina al Battistero, la moltitudine stellare per capire il mistero dell’universo.
All’esterno del Battistero, in angolo sul lato sud della Scarsella, si trova inserito nel paramento marmoreo esterno il fronte di un antico SARCOFAGO PALEOCRISTIANO (IV-VI sec. d.C.). Questa collocazione storica può essere contestata. Il sarcofago potrebbe risalire al periodo ellenistico etrusco (II sec. a.C.), infatti nei suoi rilievi purtroppo molto deteriorati, si riconosce una nave etrusca, forse a ricordo della ben nota arte marinara di questo popolo, la famosa “talassocrazia degli Etruschi”.
Un’altra curiosità che sfugge a molti fiorentini sono le TESTE LONGOBARDE della Scarsella.
Se ci poniamo all’esterno del Battistero e volgiamo il nostro sguardo in alto, si possono osservare ai due spigoli dell’abside due gocciolatoi a testa leonina in marmo, con sotto due “facce” in pietra. Quest’ultime, probabilmente, ornavano la chiesa già al momento della sua costruzione ed erano collocate sulla porta del lato Ovest preesistente, prima di essere sistemate sotto gli sgocciolatoi della Scarsella, edificata soltanto intorno al 1202. Forse una delle due facce rappresenta il volto di Agilulfo, sotto il cui regno fu decisa la costruzione del Battistero.
Altra curiosità sono le COLONNE SARACENE.
A Firenze durò a lungo il ricordo della Guerra delle Baleari contro i Saraceni e l’aiuto dato ai Pisani (1115).
A memoria della spedizione contro le isole spagnole ai lati della Porta del Paradiso furono collocati due fusti di colonne rossastri. La storia racconta che al ritorno della spedizione a riconoscenza per l’aiuto fornito, i pisani avrebbero lasciato ai fiorentini, che avevano protetto Pisa dall’esterno contro eventuali incursioni lucchesi, la libertari scelta sul bottino di guerra tra due porte di bronzo e due colonne di porfido. I fiorentini scelsero la seconda.
Secondo la leggenda, le due colonne possedevano una virtù particolare, una forza misteriosa trasmessa dall’arte magica degli Arabi. Chi avendo subito un torto, si fosse posto “dietro” una delle colonne, avrebbe visto materializzarsi nel marmo l’immagine del colpevole. I fiorentini scelsero le colonne, ma i pisani non vollero concedere agli “amici-nemici” una cosa così pregiata e “affocarono” i due fusti, così che il fuoco purificatore avrebbe tolto ogni possibilità di magia.
Le due colonne avvolte in ricchi broccati furono prese dai fiorentini che si lasciarono ingannare da questa parvenza di amicizia: questo dette origine al soprannome di “fiorentini ciechi” ricordato anche da Dante.
Comunque i fiorentini risaputo il fatto ci andarono lo stesso “coi piedi di piombo” e per evitare ogni utilizzo improprio, posero i due fusti addossati al muro della Porta del Paradiso, in maniera tale che nessuno potesse mettendosi dietro di esse svelare volti “sospetti”.
Ancora un’ultima curiosità, una LAPIDE MARMOREA.
Sull’impiantito della piazza intorno al Battistero, tra la Porta del Paradiso e la Porta Sud, esiste una lapide con un passo della Divina Commedia (Paradiso, XXV, 1-9). Per il fatto che San Pietro lo ha come coronato per il suo esame sulla Fede, fa esprimere a Dante il proposito se il suo Poema gli varrà il ritorno a Firenze e la corona di Poeta da cingere nel Battistero, “ov’egli entrò nella Fede” (5).
Enio Luigi Pecchioni
1) Un Battistero ariano dedicato al Santo Salvatore, edificato ai tempi del re Ostrogoto Teodorico, doveva preesistere al Battistero di S. Giovanni leggermente Nord-Ovest della stessa piazza.
Gengaro M.L., Nozioni di Storia dell’Architettura, Firenze 1940:
– “I recenti scavi nelle vicinanze dell’abside (scarsella) del Battistero fiorentino, hanno portato in luce delle tracce di una preesistente costruzione la cui linea perimetrale segnata da basi di colonne è distinta dall’attuale muratura esterna. L’ipotesi di un origine paleocristiano-bizantina non è improbabile.”
2) CASSIODORO Flavius Magnus Aurelius Senator, (490 ca.-583), Variarum Libri XII,- V 17,20 …..ad Flumen impedimentum Ligna Moles tollere….
3) Arianesimo è la dottrina di Ario, presbitero di Alessandria del IV secolo. Il pensiero di Ario si può così riassumere: già nella filosofia neoplatonica era diffusa la concezione di un Verbo creato prima del mondo cioè un Essere intermedio, anello fra Dio e il mondo, che si levava al di sopra di tutte le creature. Anche Ario concepiva il Verbo come seconda persona della SS.Trinità, creato da Dio prima di tutte le altre cose dal nulla perché in origine nulla esisteva prima di Dio. Il Verbo, secondo Ario, era inferiore a Dio e quindi non Dio propriamente, né della stessa natura, ma creato come tutte le altre cose
4) E SE NON FOSSE CHE IN SUL PASSO D’ARNO, RIMANE ANCOR DI LUI ALCUNA VISTA (Dante, Inf. XIII, 146-147).
5) Per la verita ci sono altre due curiosità da aggiungere. Dentro il Battistero, ai lati della statua di S.Giovanni, ci sono due sarcofaghi romani del III-IV secolo d.C.: uno appartenuto a una venditrice di fiori e di ghirlande (infatti nel centro del sarcofago si vede una donna con un canestro di fiori) contiene le spoglie del Vescovo di Firenze Giovanni da Velletri (morto nel 1230), l’altro, con la caccia al cinghiale Calcedonio, ha il coperchio con stemmi medicei e dell’Arte della Lana, aggiunto quando servì da sepoltura per Guccio de’ Medici, che fu gonfaloniere nel 1299.