Editoriale [settembre]
Osservazioni nel corso della devastanzione
(I?)
Negli ultimi anni ho avuto modo di confrontarmi con una moltitudine di addetti ai «lavori» del mondo editoriale, specialmente con quelli che, in un modo o nell’altro, rappresentano gli aspetti economico-reali di questo contesto: librai, distributori, editori ed autori-editori, ma soprattutto lettori appassionati e integerrimi ricercatori. Gran parte di queste persone sono accomunate dal fatto essenziale di spostare cose (piuttosto che finanziamenti, contatti, traffici web o merci digitali); queste cose sono generalmente i cari vecchi libri, elementi fondamentali di un mondo, quello appunto editoriale, destinato secondo molti a decadere, forse dissolversi, senz’altro ridimensionarsi.
Molto spesso mi sono trovato dunque a chiacchierare dei molteplici aspetti della decadenza del libro, sulle possibilità che si aprono ma soprattutto su come, la Devastazione in corso (un fatto sociale e storico che coinvolge un po’ tutto), cambierà il nostro lavoro. E devo dire che ho registrato una notevole quantità d’impressioni negative, lamenti e lamentele, previsioni funeste, profezie apocalittiche. Io per primo, almeno inizialmente, mi sono prodigato nei più mirabolanti vaticinii e, nei momenti peggiori, mi sono sentito sinceramente male.
Uno dei passaggi fondamentali di questa “tragedia” è l’evocazione del prima: com’era meglio prima, com’era quando si vendeva di più, quando si vendeva “tutto”, quando la gente era interessata, quando la gente entrava in libreria per farsi consigliare, quando la gente “pensava”; quando, per “capirci qualcosa”, si doveva uscire, cercare, e non bastava lo smartphone, il maledetto web, questi “schermetti” e lo “stupido” Facebook (che quasi tutti usano e in particolare coloro che ne dicono peste e corna: perchè uno dei sintomi di questa Devastazione è che mentre si sprofonda si sorride, o viceversa).
Così mi è venuto da pensare che se tutte le persone che ho sentito lamentarsi della decadenza del libro vivessero, per almeno tre pomeriggi nell’arco di un anno, come avevano vissuto un tempo; quindi uscissero e comprassero due libri (magari dei nostri), o li ordinassero ovunque su web, allora io quest’anno avrei guadagnato qualche migliaio d’euro di più. E magari ne avrei stampati di nuovi, offrendo occasioni a qualche “giovane autore”, e senz’altro ulteriori spunti concettuali, “aiuti agli altri”, aperture di “possibilità”. Questo senza negare cose come gli ebook (che comunque pubblico e distribuisco) e social network (dove mi capita talvolta di postare).
È per me praticamente evidente che se ci lamentassimo meno, se pensassimo a far quello che che ci piace (lo dico ovviamente a coloro a cui piacciono i libri, o semplicemente anche i libri) senza accumulare troppe ansie o “seghe mentali”, il mercato potrebbe, almeno in un buona parte, reggersi da sé. Certo resterebbe una nicchia ma sarebbe comunque possibile realizzare degli utili (intesi anche, perchè no, come utili a tutti).
Sul perché ancora il libro, ne possiamo parlare più avanti – di idee ne ho tante -. Per ora resti chiara questa premessa: nella vita si compiono delle scelte. Se non ti piace granché Facebook, puoi usarlo meno, ed evitare di ficcarci subito lo sguardo anche due secondi dopo che ti sei lagnato della fine del “vecchio mondo”. Se ti piacciono i libri, perché ti ricordano com’era bella la realtà – quella fantastica trama di distanze che abbiamo eluso con la punta delle nostre dita – …allora sono sempre lì, ce n’è un’infinità da leggere. In qualsiasi momento puoi vivere come un tempo, puoi vivere come vuoi, senza sentirti per forza sfigato.
Se invece ti senti sfigato, allora il problema è in te, e la soluzione non credo la troverai su Facebook.
Presto saremo prossimi al Natale, il “periodo del raccolto” per ogni piccolo editore e commerciante d’ogni genere di libro. Spero che i nostri lettori ricordino che possono ancora compiere delle scelte, tutto qui (per ora.)
LP
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