Bevitori di idee a Montagliari

Non sono abituato a scrivere post celebrativi, né per me né per i miei amici ma devo dire che ieri sera, sabato 13 giugno, alla Fattoria di Montagliari, la nostra “macchina produttiva” ma soprattutto umana ha mostrato qualità notevoli. Mi riferisco alla “compagnia” che si è creata attorno al documentario Il Vino e il Santo: gli intervistati, i produttori, il filosofo, i videomakers; ma anche l’oste, la cuoca, i musicisti, tutti coloro che hanno reso possibile questa piccola iniziativa e, spero, altre che verranno.

Certo, non ho difficoltà ad ammettere che il documentario, inteso come prodotto home video, sia abbastanza difficile da vendere… Il mondo del web non sembra averne “compresa” la necessità e i canali editoriali hanno reso risultati irrisori; tuttavia raramente negli incontri sul territorio (presentazioni, proiezioni ecc.) il feedback è stato così intenso, originale, eccezionale.

E ieri, anche se eravamo solo una ventina o poco più (nonostante un articolo su giornale cartaceo, i post su facebook e sui blog, ecc.), si è percepito a pieno il valore dell’iniziativa e di qualsiasi possibile iniziativa legata al vinsanto: un concetto da cui ripartire per riscoprire il senso di un Chianti sempre più opaco, irrigidito, chiuso in sé stesso e nella sua sfera.
Non sappiamo ancora bene come “estrarre” questa energia – il nostro in fondo è stato poco più che un esperimento – ma è chiaro che nel potenziale simbolico del vinsanto ci sia tutto ciò che serve per ripartire. E per ripartire intendo anzitutto il farsi carico, coscientemente, delle responsabilità esistenziali che ci legano al nostro territorio.

Senz’altro, al momento (e mi riferisco ancora alla serata di ieri), si è conosciuto un modo originale ed efficace per creare legami tra le persone. Un modo che si basa anzitutto sul fare vino e sul fare video.
…Gustare un documentario dopo aver visitato la vinsanteria a cui è primariamente dedicato; condividere un dibattito paradossalmente acceso – se si pensa alla tematica trattata -; condividere una cena (antipasti, risotti, pasta, faraona, zabaione…tutti corretti a base di vinsanto) con le stesse persone che si sono incrociate nel documentario; pubblicare per l’occasione un’edizione speciale del dvd, facendo “autografare” il disco (un dvd printable lasciato in bianco) agli autori, al vignaiolo, al filosofo… ecco, la formula funziona, lo si sente addosso. Lo senti quando ti svegli il giorno dopo.

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Ovviamente, poi, si è parlato del futuro, della possibilità di fare altro e di più. Ma il sottoscritto – come al solito, direbbe qualcuno – non riesce ad essere particolarmente ottimista.
Di fatti, ideare un piano di marketing per un evento dedicato a un prodotto come il Vinsanto, significherebbe probabilmente snaturarlo. Seguire le trafile commerciali, trovare gli sponsor, scegliere i colori giusti, le grafiche accattivanti, trovare un motto banale, magari con qualche stupido gioco di parole all’interno…sono cose che per ora non voglio nemmeno immaginare. Al limite, potremmo valutare altre vie. Comunque, si vedrà.

Piuttosto, preso atto che salvaguardare il prodotto  è un lavoro che non ci compete e non ci riguarda, credo di poter altresì salvaguardare il rapporto tra bevuto e bevitore: confortare, celebrare e dare emozioni a coloro che ancora, attraverso il consumo di una bevanda oggi così difficile da comprendere, riescono ancora a riconoscere, re-inoltrare, quindi far sopravvivere certi valori.
Il bevitore di idee, come lo chiamerebbe Daniele Cardelli: quello è il reperto da salvaguardare: in particolare quel rapporto speciale con quel bicchiere, capace d’evocare una rigenerazione, rendere energia. E in questo il cinema, anche un piccolo cinema, può aiutare. Io sono felice d’aver visto risplendere, ieri sera, qualche autentico bevitore d’idee.

Insomma: noi siamo il reperto, ricominciamo da lì, dalla nostra finitezza. Non si rinasce senza prima incontrare i propri resti.

LP

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Chiantisette ven 12 giugno, p.39