Da circa due settimane mi sveglio con uno strano disagio, un lieve malessere che si espande non poco in quella fase della giornata precedente alla prima, capiente tazza di caffè che rende possibile il mio passaggio all’azione realistica.
Una “vocina” che viene da dentro continua a ripetermi che questo malessere è legato alla fine della mia “sacrosanta Apnea” cioè al mio ricominciare ad utilizzare, sebbene quasi esclusivamente in senso lavorativo, i social networks…dopo quasi due anni di limitatissime frequentazioni.
Mi fa un po’ sorridere questa vocina, ma se sono qui a scriverne…qualcosa di vero forse c’è. O comunque, se solo tendo a pensarla così, significa che il solo “pensarla così” può produrre punti di vista interessanti.

…Come se dopo l’entusiasmo iniziale, determinato dalla percezione di una mondanità collettiva e di un presente effettivo, si fosse affermato un bizzarro disequilibrio psicofisico. «Devo bloccare subito tutto questo» ho pensato già alle prime avvisaglie. Quindi utilizzi limitati e funzionali – orari e appuntamenti rigidi – schematizzare il più possibile – non attivare nel cell ma solo nel pc – tenere lontano quest’io e la parola io da tutto questo…

Ora forse comincio a capirci qualcosa: di certo sono maledettamente sensibile, non riesco a barattare l’affettivo con l’effettivo…ma non solo.
Possibile che, per certi versi, fosse più sana la mia “apnea”?…almeno fino a che non finiva l’ossigeno e ti sentivi portar via dai flussi del nulla… Senz’altro, per tornare dov’ero prima, dovrei prima costruirmi uno scafandro. E non escludo di farlo, lentamente, nel tempo: la fuoriuscita da questa cinta intrisa di tradimenti è un progetto che deve essere ragionato con calma.

D’altronde coloro che hanno pensato tutto questo, e che non son semplicemente un manipolo di programmatori e massoni deviati (come piace pensare a qualcuno), sapevano tutto.
Sapevano che poteva essere ricreata una regione mentale (non dico e non voglio dire «psichica» perché psiche è anima, mentre una mera mentalizzazione può dar l’idea dello stress di cui si può soffrire) capace di strappare il primato del presente alla solita realtà umana (quella che invecchia e fallisce trionfalmente con l’Individuo) e possederlo attraverso i record, sorprendenti, d’un’inesauribile crisi d’identità collettiva.
Sapevano, in definitiva, che la realtà non esiste. E che quindi se ne poteva fare un’altra ad hoc.

(Sapevano anche, ma questa è una parentesi, che cose del genere in un lontano passato sono già successe e che intere relazioni, un tempo vigenti tra la nostra mente e la metafora della nostra realtà, sono decadute in un Atlantico dove non potranno essere riscoperte; salvo forse con qualcosa come quella sorta di “scafandro” di cui sopra…ma è appunto un’altra storia, una storia che probabilmente non riguarda la nostra generazione.)

Parlo spesso di Libri, e libri, e libroidi, o di altri concetti spesso usurati e compassionevoli. Potrei dire di tutto sul mistero o il misterico, su quanto materialismo si nasconda dietro ciò che si pone come idea, libertà, spiritualità…ed ho, sia chiaro, idee maledettamente più chiare di quello che dò a vedere.
Vivo sospeso in una delicata (e a tratti avvincente) indecisione: in qualsiasi momento potrei cancellare 3/4 delle mie possibilità d’affermazione, egoiche o semplicemente “di mercato”, con una mitragliata d’affermazioni che creerebbero un sacrosanto abisso con il mondo. Scelgo di non farlo ma mi piace percepire il brivido della possibilità, tenermi lucido per avere pronte le mie parole, che la più cazzuta delle mie compaesane mi ha insegnato ad usare come una mitragliatrice.

A cosa servono, insomma, post come questo? Pole, dimmelo tu. Forse solo a percepire il brivido di quella possibilità, a sentirsi vivi per un attimo? A condensare per un attimo il fantomatico Mister Regio?

Ma ti dico, servono anzitutto a restaurare la direzione, quella presa tanti anni fa e che è, in fondo, tutto ciò che abbiamo; quel senso esistenziale che di qualche manutenzione ha di certo bisogno…
E servono anche a confermare ai pochi silenziosi lettori, nascosti dietro i loro aggregatori e alle solite vecchie perplessità, che esiste un secondo livello, una lettura originaria, compressa ma tutt’altro che complessa, legata ad un desiderio che freme, fermenta, che silenziosamente continua la sua ricerca sulla ricerca.

Lo fa con la Storia intesa come scontro-incontro col nulla; con l’antropologia intesa come lavoro su una sincronia originaria; con la ricerca sul territorio intesa come amplesso mondizzante; ma anche con quella filosofia che viene prima della filosofia: quella che parlotta, poetizza e articola sulle premesse dell’io e sul perché si debba continuare a “darsene del proprio essere stesso”.

(Sul come di debba farlo, sui singoli metodi e meriti forse, è vero, non mi compete parlare troppo: in fondo sono un ragazzo di strada cresciuto tra Novoli e Marte, dove impiantai i vigneti che non avrei potuto possedere mai in Chianti).

…Non a caso, questa tensione è percepibile nei libri che meno hanno reso sul piano commerciale; e nei video più concettuali che ancora, a distanza di molto, molto tempo, sembrano aver inchiodato qualcuna di quelle “relazioni perdute” (vedi su), offrendo i cardini per una loro rievocazione che chiunque abbia voglia può riaccendere, ironicamente, tra sé e sé.

Ecco, è passato un altro lunedì, ed entro mezzanotte ci sono stato. Ecco a cosa serve questo post, Pole!

LP
Edit. IV/6-2016