Il Labirinto del ragno e la Lucca esoterica. Intervista a Federico Marrucci

a cura di Myriam Venezia

Il Labirinto del Ragno di Federico Marrucci, già dal titolo evoca un viaggio, arzigogolato e complesso, una sorta d’invito a perdersi in questo labirinto.
L’autore di questo libro è Federico Marrucci, avvocato lucchese affascinato dal simbolismo, dalla filosofia e da quanto possa ruotare attorno alle discipline ermetiche; Federico ha scritto un viaggio.
Ha scritto un viaggio perchè leggendo il suo libro si riesce a viaggiare nel tempo, nella storia e nello spazio. Federico, con la dialettica che contraddistingue gli avvocati, ha reso questo viaggio semplice, comprensibile e affascinante e a tratti avvincente.
Ma come si può evincere dalla lettura, dietro ogni parola, immagine o scultura potrebbe nascondersi un universo fitto e articolato. Attraverso quest’intervista proveremo a capire meglio cosa si nasconde dietro l’ultimo arrivato nel catalogo di Press&Archeos.


Ho letto Il labirinto del ragno con molto interesse e mentre scorrevo nella lettura una domanda mi è sorta spontanea. Come nasce l’idea di scrivere un libro che è anche un viaggio nella simbologia di Lucca?
Nel libro ho cercato di fondere la mia passione per il mondo dell’ignoto con quella della fotografia.
Ho sempre avuto, sin da da piccolo, un’inclinazione verso il mistero e un distacco verso la razionalità che, credo, sia una limitatrice di idee, quantomeno se si esplorano particolari territori.
Peraltro, in questi anni, cercavo in libreria un’opera che trattasse proprio di questo: Lucca e simbologia (e non solo per la presenza del famoso Labirinto del Duomo).
Non trovando però questo libro, ho deciso di scriverlo. È stata la mia fortuna, diciamo.

Il titolo è molto evocativo, “Il labirinto del Ragno”. Perchè la decisione di dare questo titolo? 
Senza anticipare troppi dettagli che vengono spiegati nella parte finale del viaggio narrato, durante questi anni di osservazione ho notato un legame avventuroso proprio tra labirinto e ragno, dove quest’ultimo crea, con il suo silenzioso lavoro, la ragnatela, la cui forma è strettamente sovrapponibile a quella del labirinto. 
Ovviamente ragnatela e labirinto possono trasformarsi anche in una trappola o, se vogliamo, in una prigione dalla quale può risultare complicato uscire. L’obiettivo finale è uscire dallo stesso labirinto per evitare di essere intrappolati, come del resto i pesci catturati nella rete del pescatore. Anche questo argomento viene trattato nel libro.


Il libro è, giustamente, disseminato di note, ma vorrei sapere qual è stata l’ispirazione principale e quale la fonte “primaria” per la stesura del libro? ma soprattutto, la mia curiosità è sapere se hai fatto ricorso anche alla trasmissione di storie/leggende e credenze della tradizione popolare.
No, non ho attinto da nessuna delle leggende locali. 
La fonte ispiratrice primaria è rappresentata esclusivamente dal Conte di Saint-Germain, a cui del resto è dedicata l’opera.
Le conversazioni con questo personaggio o personaggi (non escludo che possano essere più d’uno) hanno dato vita a numerose riflessioni e voli pindarici che mi hanno catapultato da un simbolo ad un altro, da una dimensione ad un’altra, insomma a numerose esperienze. 
Di fatto, in questi anni, tra un incontro e l’altro (con il Conte) ho scritto la bozza del libro, prendendo numerosi appunti. Ho conosciuto questo “soggetto” intorno al 2012 e mi ha invitato dapprima ad esercitare il silenzio, nonchè a sviluppare l’ascolto (non avevo questo talento, come nemmeno per il primo ad essere sinceri) e, in seguito, ad osservare e non limitarsi a guardare, da lì è cambiato tutto.
Guardare e osservare. Il libro parte proprio da questo. È un ricordo di uno dei primi incontri.

Quanta autobiografia c’è nel “Labirinto del Ragno”?
Hai colto nel segno. Direi completamente. Di fatto è un’autobiografia.

Io sono molto affascinata dal simbolismo, dal significato nascosto dietro immagini o parole. Tu come ti sei avvicinato al simbolismo e che rapporto hai con esso?
Questa domanda è complicata. Posso dire che quando curiosità e ossessione si fondono nascono delle idee interessanti, come appunto la ricerca inesauribile verso il mondo dei simboli.
Il rapporto è praticamente quotidiano, ma qui si accede in luogo sacro molto personale e preferisco fermarmi qui.

Sacro e profano, all’interno di questo libro si fondono, troviamo citazioni sacre e citazioni profane provenienti da tempi e luoghi lontani, secondo te sono entrambe faccia di una stessa medaglia? 
Penso che i libri, anche apparentemente diversi e lontani, raccontino la solita storia, magari adoperando linguaggi differenti, ma con il solito profumo.
Mi pare che anche lo stesso Borges, se non sbaglio, sostenesse che i libri fossero stati scritti dalla solita persona; mi piace pensarla così, è veramente geniale.
In generale credo che il pozzo da cui attingiamo sia sempre il medesimo; ovviamente quello che cambia è il livello di lettura che vogliamo offrire, anche in base alla tipologia del collegamento con un certo mondo invisibile.
Devo dire che trovo sempre intricato spiegare certe dinamiche, le parole sono sempre deludenti e limitano la descrizione dei tuoi voli. Bisogna fare esperienze, non parlare. 
Se poi vuoi tramutare i tuoi pensieri in parole, come ad esempio scrivendo libri, accetti le regole del gioco: c’è sempre un orizzonte di nebbia in tutto ciò. Per questo motivo alcuni racconti del tempo passato adoperano parabole, miti, allegorie, strutture narrative da romanzo, appunto per evitare di essere “presi alla lettera” e di invitare a chi ha orecchie per intendere di scostare il “velo”, come insegnava Dante. Le parole non esistono nel mondo invisibile dal quale tutto proviene.


Sempre legato al sacro e al profano, più volte nel corso del libro hai citato e parlato di reincarnazione, qual è la tua posizione a riguardo?
La reincarnazione può avvenire ogni giorno ed è rivolta a tutti. 
Purtroppo siamo circondati da eserciti di morti viventi (lo possiamo essere anche noi due ovviamente, sicuramente a fasi alterne), cioè dei morti che galleggiano nell’illusione di avere una vita.
Per loro la reincarnazione è un miraggio. Invece, per i viandanti, la missione è il risveglio e l’abbandono della maschera del burattino, come spiegava Collodi nel suo noto romanzo.
La morte e la reincarnazione, come ogni dinamica evidentemente, può essere presa alla lettera o meno. Si parla infatti di morte anche simbolica in alcuni ambienti.

C’è una figura/luogo a cui sei maggiormente legato o che ti rispecchia? e se sì, perchè? 
Direi il drago della piccola Chiesa di Santa Maria della Rosa a Lucca, da cui, non casualmente, parte il mio viaggio raccontato.
Qualche anno fa, abitavo in quella zona della città, praticamente la Chiesa era a due passi dalla mia abitazione. Non avevo mai prestato attenzione a quei particolari rilievi e mi incuriosirono, sin da subito.
Notai questo drago dalle cui fauci fuoriesce un albero rigoglioso di frutti. Mi sono detto, in questo caso il drago non viene ucciso dall’angelo o eroe di turno. Perchè?
Che storia ci sta raccontando questo simbolo? Quella scena, per me, è stata un manuale di creazione che ha dato vita praticamente al libro.
Diciamo che la musa ispiratrice del libro è stato il Conte di Saint-Germain e lo strano drago della Chiesa di Santa Maria della Rosa.

Infine, sono curiosa di sapere, come penso tutti i nostri lettori, quanta storia e quanta leggenda si fondono in questo volume?
Dipende con quali occhi stai osservando le narrazioni raccontate nel libro. La storia è il terreno di caccia di cronisti e quindi del racconto degli altri. La leggenda impone invece al ricercatore, appunto, di leggere (come insegna la stessa parola “leggenda”). Ma leggere cosa? Mi sono chiesto.
Leggere tra le righe, sentire un certo tipo di profumo che non tutti riescono a percepire. Esistono numerosi livelli di lettura di ogni leggenda, la quale la considero come una sorta di favola iniziatica. Non vediamo gli stessi dettagli, diciamo che la leggenda costituisce un grande mosaico e qualcuno si diverte a depistare. Un depistaggio che può durare anche centinaia di anni. La ricerca è anche questo.

a cura di
Myriam Venezia

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