Giovan Battista Gelli. Dalla Circe al Bottaio, dagli Etruschi al volgare fiorentino
da Fiorendipità, luglio 2024
(…) Se in epoca recente è stato possibile che avessero successo personaggi “di popolo” come certi intellettuali / comici, commedianti / filosofi … e in generale ogni ricercatore libero di spirito, capace di distinguersi con ironia, sprezzante dei luoghi comuni del potere e dei tracciati irrevocabili del destino … è grazie a chi aveva già collaudato una serie di modelli; a chi, già dal Rinascimento, aveva compiuto un certo tipo di percorso, attingendo dalla lezione degli antichi e dei maestri (Dante, Boccaccio) ma con intuizioni e soluzioni sempre nuove, perpetuamente ispirate e concilianti.
Di modeste origini, figlio di vinattieri e calzolaio di mestiere, Giovan Battista Gelli (1495-1563) si dedicò fin da giovanissimo agli studi filosofici, guadagnando conoscenze e simpatie tra gli studiosi fiorentini e avviando un’importante produzione letteraria. Fatto importante è che costui non smise mai di lavorare al suo mestiere – certo non particolarmente aulico – e partecipare alla rispettiva corporazione.
Gelli raccontò spesso di personaggi impegnati in mestieri analoghi. Tra le sue opere più famose troviamo I capricci del bottaio (1546), ragionamenti fra un bottaio e la propria anima (che fu inserito nel primo Indice dei libri proibiti) e La Circe (1549), un dialogo fra Ulisse e i propri compagni trasformati in animali. Di questo poema è notevole la qualità filosofica quanto la carica ironica, una collezione di iconemi-animati del paesaggio mitologico (1), con un finale particolarmente evocativo.
Lo studioso frequentò l’Accademia Platonica e quella degli Umidi (poi Fiorentina, dal 1541), forte della sua emblematica immagine di artigiano-letterato. Nel settembre 1553 fu nominato da Cosimo I lettore ordinario della Commedia presso l’Accademia Fiorentina e recitò da quell’anno fino alla morte nove letture dantesche, pubblicate con cadenza annuale. Le letture gelliane ebbero grande influenza sugli interpreti di Dante durante tutto il Cinquecento fiorentino. (2)
Tra gli scritti del Gelli vi è il Trattatello sulle origini di Firenze, composto intorno al 1543 e dedicato a Cosimo I, in cui si ripercorre l’itinerario del legame tra Caldei/Aramei ed Etruschi/fiorentini e l’origine semitica di molte parole del volgare fiorentino. È evidente l’influenza degli Antiquitatum variarum di Annio da Viterbo, le cui suggestive ipotesi circolavano da decenni, riprese con moderato entusiasmo dagli scritti di Canisio e di Marmocchini (3)
Nel Trattatello è sostenuta la teoria della fondazione della prima civiltà post-diluviana in Toscana a opera di Noè, identificato con Giano/Vertumno, portatore di una cultura anteriore a quella greco-romana ossia quella proto-etrusca. Un’ipotesi che oggi può sembrare folle, ma che genera al contempo un giocoso entusiasmo. E chissà che non sia sempre stato così: d’altronde, quando parliamo di Etruschi, spesso non stiamo parlando degli Etruschi! (4)
È altresì importante e decisivo il valore attribuito al volgare toscano, alla sua analisi e al suo progresso. Il punto è che si cercavano le origini, le radici di una civiltà, nei modi di dire del popolo, nella lingua del volgo.
L’aggiornamento di queste tesi mitico-linguistiche, nonostante le non poche perplessità (da parte del Varchi e poi del Borghini, su tutti) offriva grande ispirazione ai ricercatori, e solida base propagandistica all’idea di uno Stato regionale toscano sotto l’egida dei Medici: siamo infatti negli anni in cui Cosimo estende il ducato di Firenze con l’intenzione di regnare sull’intera Etruria.
Gelli stesso è rappresentato ne Il Gello, scritto da Pierfrancesco Giambullari e dedicato appunto all’amico. I due compaiono, nello scenario di una Firenze surreale che potrebbe ricordare l’Atene dei filosofi, in un dialogo ricco di scambi d’idee e monologhi su Firenze, le sue origini, la sua lingua, gli Etruschi. Tutto questo avviene girellando per la città, in una sorta di “ovest di Paperino” erudita e ante litteram. Somigliando a strambe guide turistiche ispirate da un’acida mitologia.
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Lorenzo Pecchioni
Note
1) Ne ho parlato ne Il Fattore E, Press & Archeos, Firenze 2020
2) Rimando e in parte paragrafo da Etruschi e Rinascimento, Press & Archeos, Firenze 2018.
3) Ibidem.
4) Rimando ancora Il Fattore E, capitolo IX, p. 134 e seg.