Un vino per Fannia Voluttà
(I vini e la viabilità antica, recensione n. 1.)
Dal Molise giunge Calidio, recante in etichetta l’immagine della lapide di Calidio erotico, una tra «le più originali insegne di una taverna romana» (1) che racconta una specie di “gag” di cui sono protagonisti lo stesso Calidio e un’ostessa. La lapide è dedicata a Fannia Voluttà («fannniae voluptatis»), forse la «puellam» per la quale il protagonista paga, senza lamentarsi, ben otto assi (si lamenterà invece per i due assi del fieno per il mulo).
Impostato su Montepulciano in purezza affinato in acciaio, Calidio sembra voler raccogliere lo spirito voluttuoso del personaggio da cui prende il nome, rivelandosi dal primo sorso come vino di corpo e personalità, dai sentori secchi e avvolgenti…con qualche improvvisa sorpresa nella qualità dell’ebbrezza.
…Imbambolato da istanze agresti, crude vaniglie accerchiate da sale – ai lati del palato – crossano su un centro di buona beva. Morbida stoffa dalle tensioni bizantine, densi velluti, plumbee marasche, per una degustazione “trasversale”. L’anima s’inarcua in plessi di tentazioni mentre gravano, al di là dei monti, esarcati fluttuanti.
Tra caffè mansueto e tabacco stressato, le meraviglie, austere e moderate, danzano ai lati del sassoso appennino, penetrano le carni degli armenti, affilano le facoltà del bambino marziale. Persistenze avvolgenti, cime roteanti, denti d’alberese, gengive imbarazzate dal sodo sciroppo;
…e poi, entro breve: ebbrezza sinistra, investita da un turbine di possibili: appennino ora acido, aguzzo; cime che penetrano nel velluto possibile, donna scivolosa … (continua su wine & archeos)
1) da F. Valente, “Le vie del Sannio in epoca romana”.