Diario della Fine del libro
VI/2017
Più volte abbiamo valutato la possibilità d’ideare una collana appositamente per inserirvi titoli “commerciali”, trattare argomenti generalistici e accattivanti, avere buone vendite e creare un budget utile a produrre, parallelamente, dei libri “di spessore”.
Ma nonostante gli anni trascorsi mantengo seri dubbi su questo tipo di soluzione. Non credo cederemo a “tentazioni” che comunque, nel nostro caso, difficilmente potrebbero concretizzarsi: il nome Press & Archeos tiene lontani gli autori di libroidi, instant-books e simili. E di certo non possiamo scriverceli da soli.
Il problema non sta tanto negli “argomenti” ma nel modo in cui li approcciamo. Ad esempio potremmo occuparci di questioni politiche, mondane e persino morbose, così come di presunti misteri, segreti, alterità, da un punto di vista analitico-esistenziale ma questa prospettiva non interessa al lettore medio e spesso lo disturba.
Soffermiaci ad esempio su ciò che ha più successo nella non-fiction, mettendo da parte tanto i classici quanto la mera “formazione”; prendiamo i libri dedicati alle teorie sui complotti e la loro rassicurante offerta di spiegazioni oggettive. Pensate che un libro che vada a svelare i meccanismi psicologici di tante di queste teorie e la presunta malafede di chi le ideate – insomma l’autentico complotto che l’individuo escogita verso se stesso nell’abbracciarle -, avrebbe un riscontro di vendita solo lontanamente paragonabile alle pubblicazioni precedenti? Al contrario, potrebbe rivelarsi addirittura un “boomerang”, e posso affermarlo con cognizione di causa perchè credo d’aver provato a farlo.
Così quella teorica “collana” generalista, per esser redditizia, dovrebbe trattare i soliti argomenti nel solito modo malizioso che conosciamo, e che è tanto funzionale. Ma se il motivo per il quale ci siamo dati all’editoria indipendente fu proprio l’affermazione dell’autenticità, della forza originaria delle parole, del fascino catartico della lettura e del lavoro autoriale…come potremmo contraddire queste scelte fondamentali? È possibile costruire fondamenta grossolane per sostenere un palazzo fatto della complessità del reale? È possibile sostenere l’abisso della verità con la certezza dell’ambiguità?
Senz’altro lo si può fare nell’ambito di grandi strutture aziendali orientate al reddito e alla sopravvivenza economica, dove nessuno in fondo decide, se non il denaro. Ma è più difficile quando è il singolo a rendere conto a se stesso. Quando, ad esempio, stiamo parlando di un onto-editore.
Comunque sia, non si pensi che certi argomenti vendano di per sé e che basti «una bella copertina che grida un titolo chiaro, poi dentro si può fare quello che ci pare», persino essere onesti. Il lettore medio sarà pure, come dice qualcuno, «inconscio a sé stesso», ma manifesta una certa furbizia: non lo si frega con immagini accattivanti, per propinargli nell’interno aperture alla poco interessante realtà ontologica. Il marketing non può molto contro sistemi percettivi spanati e portafogli svuotati dalla crisi. Possiamo ottenere che il libro venga preso in mano in libreria…che venga girato per leggere la sinossi…ma poi, dopo aver sfogliato un po’, il volume verrà riposto, salvo casi rari, appunto, indipendenti.
Quel “lettore medio”, che forse non arriverebbe mai fino a queste righe leggendo questo medesimo articolo, anche se ci arrivasse sarebbe sicuro che non stiamo proprio parlando di Lui.
Lui ha una sua opinione, per quanto vaga, sulle cose, ed ha bisogno di carburante per edificarla: frasi, concetti, autori, soggetti, immagini, materia prima per la sua Abulafia, per crearsi una sua identità in quello stesso gioco di conoscenza. Emulare, umiliare, infine forse un giorno affermarsi, vantarsi, arricchirsi (recondite logiche di setta? Può darsi).
Ma Lui forse non era un lettore quanto un cercatore d’informazioni o, nella sua accezione romanzesca-letteraria, un semplice cercatore di evasioni. Elementi utili per una cosmica rassicurazione: ecco che cosa cercava, ed ecco che cosa cerchiamo quando siamo noi – perché tutti ormai ci caschiamo ogni tanto – a girare come viti nel nulla, eccitati nell’aggrapparci, convinti d’avanzare o stringere quando invece stiamo solo eviscerando la nostra impotenza.
Forse sono troppo “negativo”? diciamo che il parossismo è funzionale all’evidenziazione della prospettiva accennata e proposta.
Vista l’umana vicinanza ma soprattutto il generale livellamento, da cui non scampa nessuno e certo nemmeno il sottoscritto, si dovrebbe comunque esprimere rispetto per il dramma reale e materialistico del “lettore medio” e di certa non-fiction. Per il suo complotto che spiega la crisi fottendo il gran casino che è il mondo. Per il suo Dio alieno che ci ha sintetizzati in laboratorio sbarazzandoci di dubbi metafisici e trinitari. Per il suo immobile Movimento e per le sue stars. Per il suo sesto senso perduto. Per il sesso dei faranoni e degli imperatori. E così via.
Ma è minore il rispetto che nutro per chi, in un’ipotesi e apoteosi di lucidità, cerca di cavalcare queste debolezze, oltretutto spesso perdendosi lui stesso.
Non pensiamo, per favore, che cedere al livellamento e “arruolarlo” possa aiutarci a incassare per salvare ciò che è dentro. E proviamo, quando possibile, a fare libri per l’altro lettore che è in noi: quello che da fuori sembra un noioso annoiato ma che in realtà è un eroe – fosse solo perché non ha paura d’annoiarsi! -.
Abbracciamo la crisi per quel che è, respiriamo con coraggio quel baratro. Riscopra, chi ha tempo e voglia, quel fertile delirio che è Dio. L’immobilità della libertà. L’astinenza dai piaceri preconfezionati. L’astinenza tout court. La rabbia che, sublimata, sale sino a Malkut.
A vedersi non c’è niente d’eccezionale, e proprio questo pare, oggi, sempre più eccentrico.
…Caro Diario, probabilmente prima o poi dovremo chiudere con certi discorsi. O chiudere e basta. Ma quel giorno è lontano e abbiamo molto tempo e molte cose da dire: molti trabocchetti da anteporre al nulla.
Si deve sapere che li stiamo tendendo anche ora.
LP