Dioniso, le pietre e la vite

Racconto breve

Passai, molto tempo fa, dalla strada nostra che da volaterra, per Fesula, ad Clusium porta.

Prima di Fesula, nei pressi di una collina piena d’arbusti e di scope che guarda la conca, m’accorsi che la strada non aveva lastricato; eppure di cave di pietra ne hanno tante, su quei poggi; anche prima di guadare quel morboso fiume verso Fesula, poco sotto al ciglio della nostra strada, c’è una cava di pietre marroni.

E’ che la gentaglia di què luoghi da qualche tempo ha maledetto la cava e le pietre; la pietra si sfalda, dicono, e la sabbia che ne viene è urticante sulle mani, nociva alla mente, fatale al respiro.

Ne presi, allora, un pugno, ci sputai sopra, e impastai una piccola sfera. Gittata che ebbi la sfera in una buca sul terreno, ordinai che la mia sacra pianta trasformasse il male in bene, e che quella vite avrebbe mutato le pietre maligne in guaritrici.

Tornato dopo molte primavere su quel poggio m’avvidi che d’intorno alla nostra strada, sia verso il fiume sia verso volaterra crescevano, avvinte alle scope, rigogliose vigne con grappoli grassissimi.

I devoti mi cinsero subito i fianchi e la testa di tralci di vite e si chinarono adorandomi, poi mi offersero vino tratto da quella vigne, che bevvi con loro aumentandone le caraffe in modo che niuno restasse con la sete.

Guardai ancora d’intorno. Le pietre guarite erano state tutte usate per edificarmi un piccolo tempio. Seppi, allora, che i viandanti da fesula e volaterra, si fermavano tutti a toccarle e baciarle e che guarivano da tutti i mali di avidità e mollezza.

Ordinai allora che quella vite fosse eterna, e che le pietre ad essa legate non fossero mai rimosse da què sacri luoghi.
Fu. Fluns.

M. M.