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Le radici Tar e tarch si ritrovano spesso nella lingua etrusca, basti ricordare Tarchon, fratello o figlio di Tirreno, fondatore di Tarquinia. I nomi derivati da tali radici sono numerosi in Asia Minore e riguardano divinità e a prìncipi, vedi ad esempio il dio della tempesta Tarhunda o il re d’Arzawa, Tarhundaradu, vissuto al tempo di Akhenaton. Valutiamo più attentamente le analogie tra questi prìncipi.
Vuole il caso che il sistema politico degli Etruschi fosse quello delle città stato, governate all’inizio da monarchie con un Lucumone o Re, scelto fra i primogeniti delle famiglie nobili, che esercitava il potere amministrativo, giudiziario, militare, nonché l’autorità sacerdotale con i sui complessi rituali. Ciò è paragonabile a quanto avveniva in passato tra i Sumeri della Mesopotamia (III millennio a.C.), dove i re erano anche rappresentanti religiosi; inoltre la parola etrusca Laukum, tradotta in Lucumone (che vuol dire Re) sarebbe un composto di due termini, uno sumero e l’altro accadico. Fa discutere anche l’etimo Rasenna, che significherebbe dominio di signori: in accadico rasum corrisponde a capo.
Uno degli indizi dell’origine orientale delle signorie etrusche proverrebbe dagli affreschi tombali, soprattutto le fattezze dei volti, documentati nelle continue rappresentazioni figurate. La forma della testa allungata e il profilo sfuggente con la fronte stretta e il naso diritto e sottile; le guance rigonfie e la bocca larga a forma di semiluna con labbra spremute e atteggiate nel sorriso enigmatico; gli occhi a mandorla; sono tutti tratti che hanno sapore d’Oriente. Curiosa anche l’immagine delle calzature portare da queste figure, spesso con la punta rialzata, in stile orientale.
Le numerose e documentate visite dei micenei in Etruria in cerca dell’allume (II millennio a.C.), avevano contribuito a far conoscere i lidi dell’Etruria ai popoli del vicino oriente: più popoli transitarono e si fermarono lungo le coste e tra questi, forse, coloro che diedero l’imprinting alla civiltà etrusca.
Anche il mito di Giasone, risalente al III millennio, presenta elementi di nostro interesse. Di ritorno dalla Colchide l’eroe si fermò sull’isola di Lemno (abitata dai Tirreni), dove s’innamorò della figlia di Myrina (regina delle Amazzoni) e si unì con lei. L’avvenimento venne rappresentato per la prima volta dagli Etruschi su un’olpe ceretana di bucchero del VII secolo a.C.. Questo fatto, riguardante l’episodio di Lemno, confermerebbe la conoscenza, da parte degli Etruschi-Tirreno, di tale evento miti-storico ancora prima che lo stesso si diffondesse in Grecia.
Stele di Lemno (lingua lemnia)
Una tradizione raccolta da Plinio testimonia che l’adozione da parte degli Etruschi della scure come arma da guerra risalirebbe a Pentesilea, regina delle Amazzoni negli anni della guerra di Troia. La scure riguarda un sostrato pre-indoeuropeo (secondo millennio) e come si osserva nelle steli funerarie rimase un’arma tipicamente etrusca.
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