Diario della Fine del libro
2017/VI
Parlando con un esperto di “intelligenza digitale” – un uomo apparentemente razionale che ha affrontato le sue missioni e le sue ricerche – è tornata in primo piano l’ipotesi dell’esistenza di una civiltà extraterrestre che, raggiunto ormai da tempo il punto di singolarità, si sarebbe elevata alla “pura idea” e viaggerebbe ora attraverso l’universo – perché nessun pianeta in fondo è sicuro.
Si dice che questa civiltà non sia mai giunta sulla Terra per il semplice fatto che qui non c’è niente che possa interessargli, né in quano ad habitat (acqua, metano e altri elementi sono molto diffusi nell’universo!) né per i suoi abitatori. Difatti il pianeta è nelle mani d’esseri viventi con interessi di basso livello, il cui scopo principale è ancora il coito: umani in preda al marketing sessuale, scimmie segaiole e ogni genere di specie animale impegnata cocciutamente a riprodurre le proprie cellule mentre loro, questi Alieni, sono limpida essenza spalmata su qualche misteriosa piattaforma informatica. Fanno sempre la scelta più funzionale, senza esitazioni, nella loro mega-astronave che somiglia, per certi versi, a un grande, immenso libro-game tecnologico ricco di apparati, note, pre e post-fazioni, tavole, bibliografie, indici, sotto-indici, ma…forse, senza un vero e proprio lettore.
Bene. Per quanto mi riguarda – e anche l’esperto è d’accordo -, sono felice che entità del genere non siano mai scese, fino a prova contraria, sul nostro pianeta; che non si siano “accoppiate” con noi, che non ci abbiano sintetizzati, e che volino svelti ad altri tavoli cosmici con la loro inquietante, invisibile logicità.
Per favore, che la tecnica mantenga un anima e che le parole siano salvaguardate da tale trasparente funzionalità. Che quel libro torni ad essere letto. Che lettere e numeri riprendano vita alla faccia delle più idealizzate applicazioni.
Solo un esempio: io voglio che la cara vecchia A resti proprio la A, con tutto il suo mistero che nasce migliaia d’anni or sono dalla figura della testa di un cornuto bovino, tra la polvere delle grandi riserve di carne del Medio Oriente, quando fu usata per indicare l’inizio: la stagione in cui le bestie cominciavano l’accoppiamento (appunto). E ancora, quando quella testa finì con l’esser ribaltata per altrettante oscure motivazioni, rimozioni, inversioni simboliche…sino alla lettera che conosciamo in cui rivive tutto questo pandemonio: la storia incalcolabile, in-funzionabile e in-complottabile dell’umanità.
Non voglio insomma stare con quelle A che sono ormai tra i tanti caratteri alfanumerici dei codici e delle loro probabilità, o con le parole codificabili che formano, fondando a loro volta la civiltà della mera utilitarietà e della conseguente unilateralità. Ma voglio quell’improbabile A di cui, per così dire, si senta ancora l’alito.
Tutto sommato, lo ammetto, oggi voglio ancora stare qua con le scimmie, i vecchi umani e i nostri benemeriti coiti. E sono disposto a accattarmi pure Dio, se questo può servire a non rimuovere l’incalcolabile – con il rischio, tra l’altro, di vederne saltar fuori più avanti uno, di dio, integerrimo e invisibile, prodotto dalla rimozione dell’abisso esistenziale a favore di qualche iconica sincronicità, proprio come c’insegna la fantascienza – cribbio, pure Nathan Never.
E brindo con vino rosso alla totale assenza di questi alieni, e di alieni mi tengo i miei, quelli che vengono a visitarmi ogni notte, con i loro scenari, i loro libri, che finché avrò vita avranno almeno un Lettore.
LP
PS: …Caro Diario, oggi mi sono fatto rapire da una “tangente” e forse ho scritto di cose che non ci riguardano direttamente. Ma davvero, non ci riguardano? Tu che sei un Diario, in fondo, sei anche un libro: il libro.
E non potevi restare intoccato da problematiche che tanto sembrano aver preso campo in editoria…