In un articolo del gennaio scorso abbiamo constatato la quasi totale assenza di vini intitolati a San Michele nel territorio del Chianti.
Nel nominare il proprio vino i produttori evocano spesso personaggi storici o protettori metafisici delle località dove si trovano i vigneti. Estese ricerche hanno mostrato la capillare presenza, nella regione vinicola per antonomasia, di chiese, opere e culti dedicati all’Arcangelo; tuttavia l’unico vino che si rifà chiaramente a questo nume si trova molto a nord, sia rispetto alla comparsa storica del toponimo «Clante», sia rispetto ai luoghi di maggiore “densità micaelica”.
Così ci siamo chiesti: dove s’è nascosto l’Angelo del Chianti? Forse l’abbiamo scovato sui poggi tra San Donato e Castellina, nelle proprietà Bucciarelli, dove si può godere d’una bella vista sul monte a lui stesso dedicato (M. San Michele).
La località è Podere Casanova, a 409 m. sul livello del mare (è circa la media delle altitudini dei luoghi consacrati all’Arcangelo Michele, vedi le nostre ricerche). Proprio qui è prodotto il vino Langelo, cioè probabilmente «L’Angelo», che per eccellenza dovrebbe essere appunto Michele.
Impostato su Sangiovese e Merlot, Langelo è un Chianti di fatto poiché esprime con pienezza i caratteri della sua terra e del vitigno che ne è protagonista. Rosso rubino intenso, profumo di frutti di sottobosco e di mammola, vividi tannini, moderata durezza e quella tipica, vellutata “flessione” comportata dal Merlot. Ma ciò che stupisce di questo vino è – non per esser venali – il rapporto qualità-prezzo: soli 6 o 7 euro. E nelle “botteghe” tra San Donato in Poggio e Panzano è possibile acquistarlo anche a meno.
In commercio esistono una moltitudine di vini recanti la dicitura «Chianti», di costo decisamente superiore, che non meritano d’essere raffrontati a questo Langelo. Per quanto riguarda il prezzo, siamo davanti ad una scelta commerciale non del tutto chiara; ci asteniamo dall’interpretarla e pensiamo piuttosto a bere – comunque sia, i nostri complimenti all’azienda.
Curiosa la scelta per l’etichetta, recante il piccolo disegno di un fiore, presumibilmente d’oleandro (se abbiamo ben inteso), simbolo al contempo d’armonia universale (fogliare triplice) e di funereo passaggio nell’aldilà (forse perchè la pianta è tossica?). Ma lo stesso Micael fu inteso come figura psicologica conducente le anime nel passaggio della morte…
Abbiamo ritrovato il nostro “Arcangelo chiantigiano perduto” in questo nettare possente e comprensivo, vibrante e deciso, creato in uno dei paesaggi più suggestivi della regione, tra sincretismi e analogie che permettono di superare, talvolta, le apparenze e quindi il gusto stesso…
Se avessimo frainteso, i produttori o altri avranno la gentilezza di darci il loro parere… L’Angelo resta comunque un vino eccezionale…anche senza Michele.